La memoria “Italiani e Tedeschi in Grecia”

MEMORIA

ITALIANI E TEDESCHI IN GRECIA

dal 25 luglio all’8 settembre 1943

 

L’ARMATA MISTA

Il periodo in esame si iniziò, quasi, con la trasformazione dell’11/a armata in armata mista italo-tedesca e  con la sua subordinazione operativa al Comando gruppo d’armate “E” (“Heeresgruppe “E” – già “0b. Südost”) tedesco di Salonicco, con inizio dal 28 luglio 1943, cessando dalla dipendenza dal Comando gruppo d’armate “Est”, italiano, di Tirana.

L’armata assumeva in conseguenza l’0rdine di battaglia indicato nell’allegato N. 1 e lo schieramento delle rispettive G.U. risultante dallo schizzo annesso (allegato 2), stabiliti per accordi intervenuti fra il Comando Supremo italiano e quello tedesco (O.K.W.).

L’ordine di battaglia suddetto conferiva a tre dei C.A.[1] dipendenti la caratteristica di G.U.[2] miste, di cui due (VIII e XXVI) avevano comando italiano con, inglobata per ciascuno, una divisione tedesca di seconda schiera; uno (LXVIII) comando tedesco con, alla dipendenza operativa, due divisioni italiane di prima schiera (*). L’altro C.A. italiano (III) aveva nel suo territorio (in Attica meridionale) una divisione tedesca, dipendente però direttamente dal Comando d’armata.

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* Queste due divisioni (Piemonte e Cagliari) vennero a dipendere direttamente dal Comando d’armata – nonostante la loro eccentricità – per la parte non operativa; la proposta di raggrupparle sotto un comando territoriale italiano del Peloponneso, formulata dal Comando di armata, non fu accolta dal Comando Supremo.

Presso il comando d’armata entrava in funzione uno stato maggiore operativo tedesco; Capo di S.M. il magg. gen. v. Gyldenfeldt, con ufficiali di collegamento (colonnelli) presso i comandi d’artiglieria e del genio d’armata. Altro ufficiale di collegamento (ten. col. di S.M.) esisteva già da alcuni mesi presso l’Intendenza; anche questi venne a far capo al v. Gyldenfeldt.

Le attribuzioni del Capo di S.M. tedesco erano le seguenti:

  1. prospettare al Comandante la situazione delle truppe tedesche facenti parte dell’armata, esprimendo pareri e proposte circa il loro più conveniente impiego;
  2. trasformare in ordini esecutivi per le truppe tedesche le decisioni del Comandante e curarne l’esecuzione, sia che fossero o meno conformi alle proposte del Capo di S.M..

Egli funzionava inoltre da organo di collegamento con il comando della Heeresgruppe (ciò che in pratica gli consentiva di ottenere l’appoggio di quel Comando nel caso di disparità di vedute col Comandante d’armata, nonostante l’ortodossa  norma b).

 Concetti operativi

Lo schieramento complessivo corrispondeva alla seguente valutazione operativa:

Il maggior pericolo era visto nel Peloponneso occidentale (zone di Navarrino e di Araxos) e nelle Isole Jonie.

Si escludeva le probabilità di un attacco dell’isola di Creta da sud; si considerava per contro verosimile un attacco dell’Isola da nord, cioè di rovescio, previa conquista del Peloponneso meridionale. Caduta Creta, il maggior pericolo si sarebbe spostato verso l’Argolide e l’Attica.

Le isole Jonie (in primo tempo le tre meridionali) erano considerate obiettivo probabile di uno sbarco nemico in vista di ulteriori operazioni in Grecia occidentale ed in Albania; preoccupava in particolar modo l’isola di Zante, considerata atta a sbarchi aerei in grande stile; quella di Cefalonia sopra tutto per l’importanza della rada di Argostoli.

Quando, caduta la Sicilia, si delineò – con lo sbarco e l’avanzata anglo-americana in Calabria – l’intenzione avversaria di risalire l’Italia da sud a nord, si fecero pressanti le preoccupazioni per Corfù.

 

Compiti operativi delle G.U.

Lo schieramento particolareggiato ebbe, in conseguenza, le seguenti funzioni operative:

XXVI C.A. – difesa dell’isola di Corfù e dell’Epiro; sutura con l’Albania; eventuale concorso all’VIII C.A.

e particolarmente:

  • Difesa isola Corfù: 18/o r.[3] Ftr.[4] rinforzato da alcuni gruppi d’art. e btr.[5] antinave;
  • Copertura costiera dell’Epiro: div.[6] Ftr. Modena rinforzata, più gr. CC.NN.[7] Etna;
  • Lotta antiribelli e compiti di manovra: 2/o gr. Alpini Valle;
  •        ”            ”          ”             ”           ”    e sutura con l’Albania: 1/a div. alp. ted., rinforzata da due gruppi artiglieria d’assalto (semoventi).

(Giova aggiungere – a proposito della 1/a div. alp. ted. – che il suo compito di sutura fra Grecia ed Albania, e di manovra tra Prevesa e Valona, era già stato concordato prima della costituzione dell’armata mista, vale a dire nel nesso del Gruppo d’armate “Est” italiano. La divisione aveva proprie comunicazioni indipendenti svolgentisi attraverso l’Albania meridionale (Florina, solco di Erseke) a causa della indisponibilità della strada del Passo di Metzovo, infestata dai ribelli).

VIII C.A. – difesa delle isole di Cefalonia e S. Maura, difesa dell’Etolia-Acarnania; eventuale concorso al XXVI C.A.

Particolarmente:

  • Difesa isola Cefalonia: div. Acqui rinforzata, meno 18/o r. Ftr. più 2 btg. fort.[8] ted. e una btr. d’assalto ted. e btr. c.a.[9] ed antinave;
  • Difesa di S. Maura e copertura costiera dell’Etolia-Acarnania: div. Ftr. Casale e gr. CC. NN. Po;
  • Compiti di manovra e compiti antiribelli: 104/a div. ted. Cacciatori ( *).

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* Quest’ultima – arrivata nella seconda metà di agosto – si era articolata con due blocchi avanzati: uno a nord, a cavallo della strada per Amphilokia, l’altro a sud, a cavallo di quella per Aitolikon. Per rendersi conto in luogo delle ragioni di questo schieramento, comunicato dal Comando VIII C.A. ai primi di settembre, il Comandante d’armata aveva deciso un viaggio in Agrinion, che – per interferenze di servizio, che tenevano assente il Comandante del C.A. – fu dovuto rimandare al mattino del 10 settembre.

 

LXVIII C.A.: difesa dell’isola di Zante e del Peloponneso; eventuale concorso ai C.A. VIII e III.

Particolarmente:

  • Difesa Zante: 3/o r. Ftr. più 1 btg. fort. ted. più gr. art. e btr. antinave;
  • Copertura costiera: div. Ftr. Piemonte, gravitante su Patrasso e Pirgos; div. Ftr. Cagliari, gravitante su Navarrino-Metoni, su Kalamata e su Gytion; settori autonomi di Corinto e di Nauplia (questi due settori, presidiati da forze rispettivamente in prevalenza italiane (Nauplia) e tedesche (Corinto), erano al comando di generali italiani e dal Comando LXVIII C.A. erano stati posti alla dipendenza del Comandante della 1/a div. cr.[10] ted. di cui appresso, quali eventuali perni di manovra in caso di combattimenti in ritirata od obiettivi nemici di 2/o tempo in Peloponneso (cfr. pag.2 – righe 5-6).[11] Il comando d’armata, giudicando prematura tale disposizione, aveva ordinato al Comandante LXVIII C.A. di porre di nuovo i due settori alla sua diretta dipendenza, data la mobilità intrinseca della div. corazzata).
  • Compiti di manovra: 117/a div. ted. Cacciatori, orientata all’intervento essenzialmente nel Peloponneso meridionale e sudoccidentale (tra Kyparissia e Kalamata, eventualmente Gytion, Nauplia);
  • (idem): 1/a div. cr. ted. pronta ed articolata per l’intervento in qualsiasi punto del Peloponneso; orientata – in primo tempo – particolarmente verso la pianura occidentale (tra Kato Achaia ed Olympia). Ne era previsto l’eventuale concorso ai CC. AA. VIIl e III, operando a cavallo del canale di Corinto.

III C.A.: Copertura costiera, compiti presidiari ed antiribelli in Tessaglia, Eubea, Attica e Beozia.

Particolarmente:

  • Tessaglia, Eubea: div. Ftr. Pinerolo più r. Lanc.[12] Aosta e Milano più 2/o r. Bers.[13];
  • Beozia – Attica: div. Ftr. Forlì rinforzata più 3/o r. Gran.; [14]
  • In Attica meridionale (comprese le isole di Salamina. e di Egina) era dislocata la 11/a div. av.[15] da campo ted., direttamente dipendente dal Comando d’armata.

 

Progettato trasferimento del III C.A. – Ulteriore affluenza di formazioni tedesche.

Il III C.A., secondo ordini del Comando Supremo pervenuti nella seconda metà di agosto, doveva trasferirsi in Albania (la divis. Forlì, secondo varianti ulteriori, in Italia) insieme con tutte le truppe d’armata di rinforzo; il tutto previa sostituzione con truppe tedesche; inizio del movimento per le truppe italiane: 9 settembre 1943.

Era stabilito che la Tessaglia, la Beozia e l’isola di Eubea sarebbero state presidiate dal XXII C.A. tedesco (gen. Lanz) alla dipendenza del finitimo Comando tedesco “Salonicco-Egeo”. Si pose perciò la questione della giurisdizione (esercizio dei poteri dell’Occupante) in queste regioni, mentre l’Attica avrebbe dovuto rimanere sotto giurisdizione italiana, nonostante che – per la partenza delle truppe del III C.A. – sarebbe rimasta praticamente presidiata dalla sola divisione tedesca 11/a av. da campo.

La questione era allo studio a Roma (Ministero Esteri, Comando Supremo, Ambasciata e Missione militare germanica) con la partecipazione del Ministro plenipotenziario italiano in Atene[16] e del Capo di S.M. dell’armata[17], chiamato il primo, trattenuto il secondo a Roma a questo scopo fino al 7 settembre 1943.

Il Comandante d’armata[18] – non vedendo di buon occhio interferenze di poteri in Tessaglia-Beozia-Eubea, e non soddisfatto della soluzione prevista per l’Attica e per la stessa Atene (ove il Comando e l’Intendenza d’armata sarebbero rimasti senz’altro presidio italiano che pochi Carabinieri) – aveva incaricato il Ministro Plenipotenziario (in assenza del proprio Capo di S.M.) di proporre a suo nome a Roma la cessione dell’intero territorio del III Corpo alla occupazione tedesca ed il trasferimento del Comando e dell’Intendenza in Epiro.

Ma poiché per il sopravvenire dell’armistizio, il movimento del III C.A. finì col non avere attuazione, il solo pratico risultato del predisposto scambio di G.U. fu l’affluenza, iniziatasi negli ultimi giorni d’agosto, di formazioni speciali motocorazzate tedesche (complessivamente 5 regg/ti  “Brandeburgo” e “SS”[19]) non dipendenti dall’armata e quindi meno facilmente controllabili, che iniziarono senz’altro una intensa attività antiribelli, spingendosi ai primi di settembre fino ai margini dell’Attica.

 

LA SITUAZIONE LOGISTICA

La situazione logistica della Grecia era da tempo precaria.

Il servizio dei viveri era in serissima sofferenza per l’estrema penuria di risorse locali (particolarmente di carne e di cereali (*)); per la difficile situazione alimentare in Patria e per la difficoltà dei trasporti, resisi sempre più pericolosi in Adriatico e Jonio, molto limitati sulla ferrovia di Salonicco, che era gestita dai Tedeschi e molto da loro impegnata anche per trasporti operativi, connessi all’affluenza di forti contingenti di truppe e di materiali tedeschi negli ultimi quattro mesi.

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* La deficienza dei cereali era talmente acuta, che le Potenze occupanti dovettero, nonostante gli evidenti pericoli, acconsentire alla periodica importazione di considerevoli partite di grano dall’America, sotto l’egida della Croce Rossa. Le risorse locali si riducevano in sostanza al vino, olio, fichi, poca carne ovina (la sostituzione del rancio di carne con minestrone determinava un più rapido consumo dei generi da minestra); ed era anche difficile attingere alle stesse per effetto di disposizioni restrittive dell’Autorità centrale, che poneva strani veti (ad es., l’olio, principale prodotto greco, doveva provenire dall’Italia!) e pretendeva controllare i prezzi da lontano inceppando la tempestiva stipulazione dei contratti, che di regola finivano col diventare più onerosi.

La crisi generale e quella specifica dei trasporti si riflettevano ovviamente su tutti i servizi, di modo che l’autosufficienza faceva piuttosto regressi che progressi raggiungendo all’incirca, nel totale, appena il 67% del prescritto, con l’aggravante di un cronico ristagno nell’inoltro, dalla base di Salonicco, verso i magazzini a portata dell’armata.

Da dati fatti raccogliere a memoria in maggio-giugno 1946 (quindi attendibili con riserva) la situazione particolareggiata dell’autosufficienza sarebbe stata quella risultante dall’allegato n. 5, sul totale dei magazzini, Salonicco compreso. E’ però da notare che esistevano sperequazioni per le ragioni già dette, tanto che, per es., a fine agosto il presidio di Janina aveva farina per soli 5 giorni.

Poco buona la situazione del vestiario, particolarmente quella delle scarpe, per far fronte alla quale il Comando d’armata aveva ordinato, in difetto di meglio, una grossa provvista di zoccoli.

La situazione complessiva. delle munizioni non raggiungeva le 2 ½ unfoc. (per le armi portatili 1 ½ unfoc.).[20]

Quella del carburante, assai buona in Attica, era fortemente deficitaria in Grecia occidentale.

Assolutamente deficitaria la situazione dei mezzi di collegamento, messa in continua crisi anche dai sabotaggi dei ribelli sulle comunicazioni a filo; ciò che determinava un assai più rapido consumo dei mezzi radio, ridotti alla pura dotazione normale dei reparti, ed aggravava la ormai cronica crisi delle pile.

Da notare, per la situazione che ne risultò, o che avrebbe potuto risultarne alla fine, le disposizioni date:

  • in luglio, per l’alleggerimento dei magazzini delle basi di Patrasso, Prevesa e Volo, giudicate troppo esposte a colpi di mano da mare, su quelli di Janina,di Agrinion e di Larissa;
  • verso fine agosto, per lo spostamento verso occidente delle dotazioni contenute nei magazzini della zona del III C.A., che doveva trasferirsi in Albania.

La situazione logistica complessiva non poteva non essere in gran parte nota al Comando tedesco di Salonicco, sia perché era quello che regolava i trasporti per ferrovia e sul mare Egeo (ormai da tempo quasi unici per la insicurezza delle rotte joniche), sia per la presenza dell’ufficiale di collegamento tedesco presso l’Intendenza, nonché per la facoltà già da parecchi mesi accordata alle truppe tedesche, di effettuare prelevamenti di urgenza presso i magazzini italiani (a ciò era probabilmente connessa la presenza di un ufficiale di collegamento germanico presso l’Intendenza stessa, che doveva datare ancora dal 1942).

 

LA SITUAZIONE POLITICA

La situazione politica, già molto delicata per la mai sopita animosità dei Greci verso l’Italia per l’aggressione subita nel 1940 – se pur temperata da simpatie personali dovute al contegno in genere assai moderato degli Italiani in confronto di quello duro ed intransigente dei Tedeschi –, si era venuta aggravando nel 1943 in causa dell’estendersi e dell’intensificarsi del movimento ribelle.

I ribelli, calcolati da ultimo nella cifra approssimativa di 25-30.000, di cui circa 2/3 a tinta comunista (Helas), il resto a tendenza nazionalista (movimento del gen. Zervas[21]) agivano prevalentemente attorno al massiccio del Pindo[22], strettamente da loro controllato, ed in genere dalle alture periferiche della Tessaglia (catena Pindo-Parnasso, Otride, catena Ossa-Pelio). In Peloponneso il movimento ribelle, contenuto validamente fino al luglio, si era venuto successivamente intensificando anche per probabile afflusso di elementi attraverso il golfo di Corinto, senza per altro raggiungere mai una cifra complessiva di 2.000 aderenti armati ed organizzati.

Tra gli aderenti al gen. Zervas – localizzati a cavallo del medio Aspropotamo e nel Pindo meridionale – e l’Helas non correvano buoni rapporti e veniva riferito che di tanto in tanto si scontravano fra loro. Anche le personalità più in vista della capitale greca non avevano eccessiva simpatia per l’Helas, considerato più milizia di partito che vero movimento patriottico.

L’armamento e l’equipaggiamento delle bande erano nel complesso scadenti; per contro esse risultavano piuttosto ben provviste di viveri, che prelevavano anche con la forza nelle   zone sottoposte al loro dominio, permanente od occasionale, che esercitavano duramente. In particolare le bande impedivano l’utilizzazione del Passo di Metzovo.[23] Una operazione di sblocco col concorso di 4 divisioni, concordata in luglio fra le armate 9/a ed 11/a per disposizione del gen. Rosi, non ebbe mai attuazione essendo stata rinviata, nell’agosto, dal Comando gr. d’A. tedesco di Salonicco.

Nel resto della Grecia il ribellismo costituiva piuttosto un pericolo latente, che non si poteva deprezzare ma nemmeno dovevasi sopravvalutare (in ragione della scarsezza di mezzi in grande contrasto con l’abbondanza di uomini, avendo l’Asse praticamente rinunciato a prelevare prigionieri dopo l’armistizio con la Grecia). Conveniva anzi non lasciarsi attrarre a considerevoli spostamenti di forze verso l’interno, in funzione antiribelli, che avrebbero potuto condurci a pericolose carenze di forze a  portata della costa nel caso di sbarco nemico; sbarco che dopo la perdita dell’Africa e poi ancor più dopo quella della Sicilia, appariva sempre più temibile.

Il Comando d’armata aveva cercato – con la severa repressione di ogni atto d’arbitrio da parte di enti e di singoli Italiani, con una miglior disciplina dei provvedimenti di polizia, e con il combinato impiego della fermezza e della clemenza nei riguardi dei Greci – di migliorare la situazione degli spiriti, coll’infondere nella popolazione la convinzione che gli Italiani erano ben disposti verso i Greci, di cui apprezzavano il valore dimostrato in guerra ed onoravano l’antica civiltà; mentre l’occupazione del Paese, lungi dal rappresentare intenti di dominio, corrispondeva semplicemente alla necessità militare di impedirne l’utilizzazione ai nostri danni da parte avversaria.

Quanto al ribellismo, facendone rilevare la trascurabile influenza contingente ai fini militari, si interessavano le maggiori Autorità greche ad adoperarsi per farlo cessare, allo scopo di evitare il circolo vizioso di rappresaglie e controrappresaglie, nonché le vessazioni inflitte dalle bande alle popolazioni riluttanti a riconoscerne il dominio, che erano i soli possibili risultati pratici del movimento.

L’esito di questi approcci fu per altro nullo; ed una delle massime Autorità, l’attuale Reggente, Arcivescovo Damaskynos, ebbe ripetutamente a dichiarare al Comandante dell’armata – in risposta alle sue sollecitazioni – che nulla si poteva fare al riguardo “perché la popolazione ci odiava”.[24]

Né tale atteggiamento si mutò quando – formatasi l’armata mista – si vide che gli Italiani non seguivano i durissimi procedimenti tedeschi in fatto di repressioni (il Comando di gr. d’A. di Salonicco aveva infatti ordinato in agosto, che in ogni località di stazionamento di truppe si prendessero ostaggi, da impiccare o fucilare ove fosse stata fatta offesa ai militari dell’Asse; il Comandante dell’armata rifiutò di eseguire l’ordine e ne riferì a Roma. E prospettò dopo qualche settimana al Comando Supremo – sollecitandone istruzioni – come, in difetto di questo, non gli riuscisse praticamente di impedire che le prescrizioni tedesche, non diramate ai comandi italiani e quindi da essi non applicate, fossero invece applicate dalle unità germaniche dell’armata mista, da lui dipendenti operativamente ma non disciplinarmente. Ne ebbe una risposta, non chiara, solo il 7 settembre).

Mentre fino ai primi di agosto l’attività dei ribelli si era manifestata essenzialmente con atti di sabotaggio, attentati a treni o trasporti su strada e ad imboscate contro piccoli reparti isolati, dopo la caduta della Sicilia si fecero frequenti gli attacchi a nostri presidi; si ebbero persino intimazioni di resa a presidi importanti da parte di pochi elementi greci, fatti arditi dalla presunzione di un imminente collasso morale delle nostre truppe. Il presidio di Almiros in Tessaglia fu attaccato per tre notti in una settimana da forti bande ribelli contro le quali si difese bravamente meritandosi l’encomio del Comando d’armata; analoga minaccia incombeva, ai primi di settembre, su Trikala.

Operazioni antiribelli in grande stile ebbero luogo tra la fine di agosto ed i primi di settembre, condotte essenzialmente da unità tedesche (essendo le italiane per la maggior parte impegnate nel febbrile perfezionamento degli apprestamenti difensivi) col concorso di unità italiane mobili. Al momento dell’armistizio il gr. CC. NN. “L’Aquila” del III C.A. aveva appena partecipato ad operazioni di sblocco della strada Tyrnavos – Elassona in cooperazione con truppe tedesche dipendenti dal Comando “Salonicco-Egeo” ; 2 btg. del 4/o Ftr. e 2 della Cagliari avevano appena ultimato un ciclo di rastrellamento nel Peloponneso settentrionale, in cooperazione con 4 btg. della 117/a div. ted. Cacciatori; il 2/o gr. Alp. Valle stava partecipando ad analoghe operazioni in alto Epiro, in cooperazione con la 1/a div. A-J.[25]

In sintesi: situazione di tensione e di italofobia diffuse specialmente alla periferia, nonostante le corrette e talvolta quasi cordiali relazioni al centro ed attorno a qualche nostro comando; diffusa attività sotterranea greca volta a creare dissidi fra i due occupanti; movimento ribelle in aumento, ma ostacolato dalla penuria dei mezzi.

 

LA SITUAZIONE DELL’ARMATA IN CONSEGUENZA DELL’IMPROVVISO ARMISTIZIO

Situazione reciproca delle truppe italiane e tedesche

Lo schieramento concertato fra i due Comandi Supremi e prescritto all’armata era razionale in vista del compito operativo ad essa affidato e mai comunque modificato: pacificare la Grecia ed opporsi a sbarchi anglo-americani sul suo territorio, d’accordo con l’alleato.

Nel caso invece di improvviso dissidio italo-tedesco, avrebbero potuto presentarsi due alternative:

  • o gli Anglo-americani sarebbero sbarcati, ed allora la situazione avrebbe potuto essere ancora adattabile ai nuovi prevedibili compiti, con maggiori o minori alee e sacrifici in relazione alle predisposizioni (da realizzarsi in forma estremamente cauta) ed al tempo a ciò disponibile;
  • o lo sbarco era escluso, e con esso ogni possibilità di sensibile ausilio esterno, ed allora è difficile concepire situazione peggiore.

Considerando i vari settori, si rileva infatti la seguente situazione reciproca :

Epiro ed Etolia-Acarnania. Nella ristretta zona compresa fra le pendici occidentali e meridionali del Pindo-Parnasso ed il mare e percorsa dalla unica rotabile P.te Perati-Janina-Arta-Missolungi-Lepanto (diramazioni per Egumeniza-Parga, per Prevesa-Vonitsa, per Astakos), le truppe italiane (divisioni Modena e Casale binarie[26]) erano per la massima parte in  copertura costiera, con densità varia a seconda dell’importanza del tratto di costa loro affidato, con possibilità di collegamento trasversale diretto molto scarse, in causa del terreno non facile e della popolazione infida: una piccola parte di presidio nell’interno o disponibile per la manovra. Nei centri principali a cavallo della rotabile (costituente anche asse dei collegamenti): comandi e magazzini.

Le unità tedesche (1/a div. A.J. e 104/a Cacc.[27]), che erano di manovra, raccolte a cavallo della rotabile; articolate in modo   da accorrere prontamente in ogni punto del settore costiero affidato al rispettivo C.A. italiano ed orientate alla collaborazione nei tratti di sutura.

Peloponneso. Le truppe italiane, anche qui per la massima parte in copertura costiera: a nord la Piemonte (ternaria[28], meno però il 3/o Ftr. distaccato a Zante) gravitante su Pirgos e Patrasso, qualche elemento   a Corinto, in relativamente facili condizioni di diretto collegamento, nonostante le considerevoli distanze, per l’esistenza della ferrovia, gestita dal genio d’armata; a sud, la Cagliari (ternaria, gravitante su Navarrino, Kalamata, Gytion più settore autonomo di Nauplia) in condizioni difficili di collegamento trasversale (salvo che tra Kalamata e Navarrino) causa le interposte masse montane, costituenti l’ossatura delle caratteristiche “dita” del Peloponneso. Il collegamento doveva pertanto svolgersi attraverso le rotabili diramantisi dai nodi stradali principali di Tripolis, Megalopolis e Meligalà. Magazzini principali a Corinto; in via di riduzione quelli di Patrasso.

Le unità tedesche anche qui logicamente schierate in modo da potere intervenire prontamente:

  • la 117/a Cacciatori, nel Peloponneso meridionale (e perciò articolata fra Tripolis e Meligalà);
  • la 1/a corazzata orientata ad intervenire in qualsiasi punto del Peloponneso, perno a Corinto (anche in vista di possibili impieghi a nord del Canale); in primo tempo particolarmente nella piana occidentale: in conseguenza articolata con punte verso Kato Achaia ed Olympia, nonché verso Sparta e Nauplia.

 

Tessaglia-Beozia-Attica. In questa zona la situazione era sostanzialmente diversa in quanto le truppe italiane, impegnate nella copertura costiera essenzialmente in Attica (parte della Forlì, binaria  ma rinforzata dal 3/o r. Gr.) in vista della tempestiva organizzazione difensiva della regione in connessione con l’eventuale perdita del Peloponneso, lo erano meno in Tessaglia (div. Pinerolo, ternaria e rinforzata da due r. Lanc.) e Beozia (parte della Forlì) dove erano prevalenti i compiti antiribelli. Si era colà mirato a presidiare la regione con un sistema di guarnigioni capaci (in massima e con l’eccezione dell’eccentrico Kastoriano) di darsi reciproco appoggio.

Queste truppe (III C.A. e truppe d’armata date in rinforzo) dovevano, come detto a pag. 3-4,[29] passare in Albania nella seconda decade di settembre, previa sostituzione con truppe tedesche non dipendenti dal Comando 11/a armata. In dipendenza di questo ordine, ai primi di settembre erano affluite in Tessaglia e Beozia le formazioni motorizzate speciali indicate a pag. 4,[30] le quali procedendo nella loro attività antiribelli, avevano all’8 settembre la seguente dislocazione:

  • Regg/ti “Brandeburgo”: 1 nel Kastoriano, 1 nei dintorni di Kaparelion (occidente del Citerone)
  • Regg.ti “SS”: 1 al Passo di Eritrea (sulla strada Tebe – Atene), 1 in zona Lamia, 1 in zona Larissa

mentre la div. ted. 11/a av. da campo si apprestava ad allargare la sua sfera d’azione, dall’Attica meridionale all’intera regione.

Isole Jonie. La situazione reciproca delle truppe italiane e tedesche era qui la più favorevole alle prime, che erano la quasi totalità a Corfù; in grandissima superiorità a Cefalonia; accentuatamente superiori a Zante. L’elemento negativo era costituito dalla deficienza di viveri per la popolazione civile (a fine agosto l’Intendenza d’armata aveva dovuto inviare d’urgenza una nave carica di grano per la popolazione di Corfù).

La situazione così descritta, nel caso di sbarco anglosassone contemporaneo alla nostra uscita dall’alleanza sarebbe stata ancora complessivamente adattabile, potendo consentire:

– facile occupazione delle isole Jonie; sbarco facilitato in tutti i punti della costa tenuti dalle truppe italiane. Queste ultime, ridotte a funzionare da testa di sbarco sui generis, avrebbero perduto tutta l’organizzazione logistica, riducendosi alle dotazioni di caposaldo e quindi avrebbero dovuto essere rifornite da mare; ed avrebbero dovuto ovviamente essere sostenute dall’aviazione anglo-americana. La situazione del III Corpo, ed in genere delle truppe italiane della Grecia orientale, sarebbe diventata criticissima, comunque però sempre meno grave di quella in cui le gettò l’improvviso armistizio senza prospettiva di aiuti da alcuna parte.

Si verificò, invece, la seconda delle alternative indicate a pag. 8:[31]  rottura dell’alleanza, con esclusione di sbarco anglo-americano in Grecia. Essa trovò l’armata, per effetto dello schieramento ordinatole e delle direttive impartitele, nelle condizioni seguenti:

  • forze italiane, meno efficienti, sparse e vincolate al terreno; forze tedesche, numericamente pari o superiori (*), riunite, mobili, potentemente e modernamente armate, interposte fra le prime in maniera da potere manovrare centralmente, a massa, contro le frazioni italiane, dopo averne disorganizzato i maggiori Comandi, i collegamenti, i magazzini;
  • incontrastato dominio dell’aria da parte tedesca (**).

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* Ne fa fede la memoria dell’O.K.W. (Comando Supremo germanico) pubblicata dal “Völkisches Beobachter” che dice testualmente: “Solo in singole zone, come in Grecia ed a Creta, le forze tedesche sono numericamente eguali o superiori alle italiane (Nur an einzelnen Stellen, wie in Griechenland und auf Kreta, sind die deutschen Kräfte den italienischen zahlenmässig gleich oder überlegen)”

** Esisteva in Grecia un intero C.A. aereo tedesco ripiegatovi in aprile dall’Egeo e dipendente da un Comando Sup. Aer. ted. dei Balcani dislocato a Sofia. Esso disponeva di tutti gli aeroporti del Peloponneso (Argos, Messene, Araxos in particolare) e di quelli di Eleusi, Tatoi e Kalamaky in Attica, gli uni e gli altri solidamente presidiati da truppe tedesche; si stava attrezzando per esso l’aeroporto di Agrinion. L’Armata disponeva di uno stormo misto in mediocre efficienza (una sessantina di apparecchi quotidianamente efficienti); ad esso venne comunicato nella sera dell’8-IX-43 l’ordine dal Comando Supremo di rientrare a volo in Italia.

Volendo scendere nei minuti particolari, si può rilevare come le G.U. tedesche si trovassero già per la loro dislocazione di manovra operativa in condizioni da disimpegnare i compiti che a ciascuna vennero verosimilmente assegnati, nei confronti delle truppe ed enti viciniori italiani, in conseguenza dell’armistizio separato:

1/a div. Alpen-Jäger

  1. dominare la grande comunicazione Ponte Perati-Janina-Prevesa-Arta;
  2. separare la Grecia dall’Albania (***);
  3.         “        Egumenitza da Janina e questa da Arta-Prevesa;
  4. impadronirsi dell’aeroporto di Janina;
  5.           ”             dei magazzini di Janina e Prevesa (quanto meno distruggerli);
  6. mettere fuori causa il Comando XXVI C.A. e rispettivi collegamenti;
  7.       “           “         “      il 2/o gr. Alp. Valle ( che trovavasi con essa in cooperazione).

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 *** Per la valutazione del Comando d’armata, questo compito era da considerarsi superato, in quanto dalle comunicazioni pervenute in extremis risultava che la 9/a armata avrebbe dovuto concentrarsi attorno a Durazzo e Cattaro, sgomberando in conseguenza l’Albania meridionale.

104/a div. Cacciatori

  1. in cooperazione con la 1/a A.J. estendere il dominio della grande comunicazione sul tratto Arta-Agrinion- Missolungi;
  2. separare Agrinion da S.Maura-Vonitsa-Arta e da Missolungi; l’Etolia-Acarnania dall’Attica;
  3. impadronirsi dell’aeroporto di Agrinion (in corso di potenziamento sotto direzione tedesca);
  4.    id. dei magazzini di Agrinion e Missolungi (quanto meno distruggerli);
  5. mettere fuori causa il Comando VIII C.A. e relativi collegamenti.

 

117/a div. Cacciatori (in cooperazione con la 1/a Cr.)

  1. dominare nodi stradali di Tripolis, Megalopolis, Meligalà;
  2. separare le forze italiane di Tripolis, Navarrino, Kalamata, Gythion;
  3. mettere fuori causa il Comando div. Cagliari e rispettivi collegamenti e magazzini.

 

1/a div. corazzata

  1. in cooperazione con la 117/a Cacc. dominare il Peloponneso facendo perno su Corinto; eventualmente spingere punte su Atene (1 btg. carri vi si diresse effettivamente);
  2. isolare forze italiane di Pirgos, Patrasso, Nauplia;
  3. mettere fuori causa il Comando div. Piemonte e relativi collegamenti
  4. impadronirsi dei magazzini di Corinto e di Patrasso (quanto meno distruggerli).

 

11/a div. Av. da campo

  1. intervento in Atene ed in Attica in collaborazione con le formazioni corazzate speciali di recente affluite in prossimità e di elementi della 1/a div. Cr.;
  2. mettere fuori causa organi d’armata, collegamenti, magazzini locali.

 

Formazioni corazzate speciali

  1. agire nel territorio del III C.A. italiano ostacolandone la raccolta;
  2. separare l’Attica dalla Beozia;
  3. impadronirsi dell’aeroporto di Larissa;
  4.           ”             dei magazzini       ”        ” (quanto meno distruggerli).

 

Corpo d’Armata aereo  ted.

  1. dare man forte alle unità tedesche nell’assolvimento dei rispettivi compiti;
  2. segnalare ed ostacolare movimenti delle unità italiane;
  3. tenere in rispetto le popolazioni (Atene in particolare) con bombardamenti terroristici;
  4. operare eventuali distruzioni.

Naturalmente l’esecuzione di questi compiti sarebbe stata regolata sulla base dell’evolvere della situazione complessiva, con precedenza assoluta alla disorganizzazione dei maggiori Comandi, collegamenti e magazzini italiani ed al soffocamento di eventuali manifestazioni di rivolta greche. Non tutte le unità italiane sarebbero state in primo tempo attaccate, ma verosimilmente le prime offese sarebbero state riservate agli elementi giudicati più pericolosi, tenendo gli altri sotto osservazione in attesa della loro fatale dissoluzione, per effetto della deficienza di mezzi di vita e della ostilità dell’ambiente.

Da considerare infine la

Situazione di taluni elementi e reparti sfusi.  Consistevano in:

  1. elementi compresi nel nesso di unità tedesche, come :
    • reparti d’artiglieria armati con materiale fornito dai Tedeschi, nei quali il personale italiano doveva (per ordine dello S.M.R.E.[32]) gradualmente sostituire quello tedesco, previo specifico addestramento;
    • batterie schierate sulla costa nel nesso dei btg. da fortezza tedeschi nelle zone di Kyparissia e di Amalias
  2. elementi non operativi, come:
    • alcune migliaia di inermi concentrati nelle basi, perché in arrivo od in partenza, appartenenti, oltre che all’armata, anche alle truppe dell’Egeo (8-9.000 nelle sole basi di Atene);
    • malarici raccolti nei convalescenziari o costituenti speciali reparti per servizi leggeri;
    • militari addetti ai vari stabilimenti, magazzini, aziende agrarie, trasporti;
    • btg. lavoratori;
    • Carabinieri e Guardie di finanza delle stazioni territoriali;

soggetti, quelli del gruppo a), ad essere immediatamente soffocati dai Tedeschi; quelli del gruppo b) da Tedeschi e Greci in gara reciproca ai nostri danni.

Condizioni morali e materiali delle truppe italiane.

Le truppe dell’Armata avevano abbastanza bene e presto superato le ripercussioni del colpo di Stato del 25 luglio, da cui erano derivati, in primo tempo, miraggi di prossima pace. La direttiva secondo la quale la guerra sarebbe continuata a fianco dell’alleato, annunciata dai proclami governativi, era stata recisamente ed inequivocabilmente confermata al Comando d’armata, anche dopo che questo ebbe segnalato al Comando Supremo sintomi non dubbi che l’alleato, diffidando del nuovo Governo italiano, si apprestava a mettere in atto un piano di aggressione contro di noi in caso di rottura dell’alleanza. Ad essa era perciò doverosamente ispirata la propaganda, sulla base della direttiva data dal Comandante “sacrificare ogni tendenza politica individuale sull’altare della Patria” ed i risultati di questa direttiva soldatesca, in assenza di qualsiasi sintomo di altre recondite intenzioni, aveva trovato rispondenza nelle truppe, come dimostrava il contegno dei presidi attaccati dai ribelli.

Tuttavia influivano negativamente le notizie dall’Italia (perdita di Pantelleria, poi della Sicilia e di parte della Calabria, bombardamenti massicci delle città italiane) determinando un senso di incomprensione dei motivi per cui si seguitava a tener fuori del Paese tante forze mentre esso era direttamente attaccato, ed, in conseguenza, di un sempre più acuto tormento di nostalgia, particolarmente visibile nei Siciliani, che costituivano il 20% dell’armata.

Né la nostalgia era ingiustificata, dato che – nonostante gli  sforzi fatti per migliorare la situazione – i turni delle licenze erano lunghissimi, sicché la massa non vedeva la famiglia da 2 anni, molte migliaia da 30 e più mesi. La promessa di rimpatrio definitivo di militari con 30 mesi di permanenza continuata aveva apportato un certo sollievo per la tendenza a raggiungere tale termine definitivo, piuttosto che aspirare ad una più sollecita licenza, manifestatasi in coloro che dal detto limite erano meno lontani. La carenza del servizio postale non aveva mancato di esercitare la comprensibile sfavorevole influenza. (Da 20 giorni, non pervenivano corrispondenze postali).

Nonostante l’attività dei ribelli, la necessità di perfezionare i lavori difensivi e di mantenere le truppe addestrate ed allenate, la vita materiale dei reparti non sarebbe stata gravosa se non vi avessero sfavorevolmente influito le difficoltà per i viveri, per le quali il rancio di carne era ridotto ad essere l’eccezione e si doveva sostituire con minestrone; il miglioramento rancio era scarso e la quota relativa, per quanto spesso aumentata, perdeva continuamente la potenza di acquisto per il progressivo scivolamento della dracma.

Il vestiario, e le calzature sopra tutto, erano in grande sofferenza, tanto che – come già detto – si era dovuto ricorrere (in difetto di rifornimenti e nonostante l’approssimarsi dell’inverno) a commesse di zoccoli.

L’efficienza fisica delle truppe era alquanto menomata da malaria, in atto o pregressa, che in qualche reparto affliggeva fino al 60% della forza; si erano dovuti costituire, nell’interno di parecchie unità, speciali reparti malarici per i servizi meno gravosi. Funzionavano inoltre diversi convalescenziari per malarici.

La forza numerica dei reparti era sui 700 uomini per i btg. di Fanteria; sui 350 per i btg. Carabinieri; 300 circa per la Guardia di Finanza; i btg. CC.NN. erano ridotti a metà forza.

Queste cause materiali influivano naturalmente sul morale; ma questo, senza potersi dire altissimo, era tale da dare affidamento di buon contegno in combattimento quali che fossero stati gli ordini superiori.

Ma poiché fino all’ultimo l’armata fu tenuta, non solo accuratamente all’oscuro delle intenzioni del Centro, volte allo sganciamento dai Tedeschi – o, come appare oggi, al rovesciamento di fronte contro di essi – ma altrettanto inequivocabilmente orientata alla continuazione della lotta “a fianco dell’alleato”, la situazione complessiva si trovò ad essere, all’atto dell’armistizio, assolutamente sfasata rispetto a quella che  si era venuta formando in Patria, secondo quanto oggi se ne riferisce.

Le direttive del Comando Supremo, pervenute all’ultim’ora, risentivano evidentemente di questa situazione, ben nota al Centro, e con la loro oscurità ed estrema spregiudicatezza, complicarono maggiormente le cose, sopra tutto col dare l’impressione, condivisa da Comandi e truppe, che la resa senza condizioni significasse, per l’Italia, la fine della guerra.[33]

Orientamenti e direttive superiori

Come detto, il compito operativo dell’armata non venne modificato dopo il 25 luglio; anzi subì implicita vistosa conferma con la costituzione dell’armata mista e con la sottomissione di essa al Comando tedesco di Salonicco.

Alle prime notizie circa la probabilità che l’armata passasse alle dipendenze dei Tedeschi, il Comandante si era affrettato a segnalarne la inopportunità, sotto l’aspetto morale, al Comando da cui allora dipendeva (Gruppo Armate Est).

Successivamente, in seguito ad un’aggressione di avieri tedeschi nell’aeroporto di Kalamaky, in cui trovò la morte un aviere italiano (30 luglio) ed alla raccolta di altri elementi allarmanti, il Comando d’armata segnalò la sua convinzione che i Tedeschi stessero preparando un piano per mettere fuori causa le truppe italiane in caso di rottura dell’alleanza. Il Comando Supremo confermò, nel prendere atto della segnalazione, la direttiva “tenere ben fermo che noi combatteremo fino alla fine a fianco dell’alleato”.

Nella seconda metà di agosto, come accennato a pag. 3,[34] il Comando Supremo ordinava il passaggio in Albania del III C.A. italiano (e relative truppe d’armata di rinforzo, nonostante  le contrarie istanze del Comando d’A.) con inizio dei movimenti dal 9-IX-43, previa sostituzione con truppe tedesche. Per tal modo avevano subito libero ingresso in Tessaglia e Beozia le note formazioni moto-corazzate speciali, cui sarebbe seguito l’intero XXII C.A. tedesco non dipendente dal Comando XI armata; quest’ultimo sarebbe rimasto in Attica senza altro presidio italiano che pochi Carabinieri. Frattanto il Capo di S.M. dell’armata[35] veniva trattenuto a Roma per trattare della giurisdizione (esercizio dei diritti dell’occupante) sui territori in cui si sarebbe dislocato il XXII C.A. ted.. Quindi situazione di perfin troppo fiduciosa collaborazione italo-tedesca (cfr. per contro 3/o capoverso a pag. 4).[36]

Con lettera in data 15 agosto, pervenuta il 1/o settembre, lo stesso Comando Supremo, premesso che secondo notizie ricevute (evidentemente da parte tedesca) le truppe dell’armata, per effetto del cambiamento di governo in Italia, avrebbero perduto in spirito combattivo, con tendenza ad accostarsi ai Greci, invitava il Comandante a “provvedere energicamente contro quei Comandanti dipendenti che non facevano il loro dovere”. Ad essa il Comandante replicava, in data 7 settembre, nel senso sinteticamente riassunto nel capitolo precedente.

Quindi, a poche ore dalla proclamazione dell’armistizio e ben 4 giorni dopo la sua firma, l’armata, tagliata fuori anche spiritualmente dall’Italia per il disservizio postale, era mantenuta  nella errata convinzione che si sarebbe continuato a combattere contro le Nazioni Unite[37] e, in Grecia, contro i ribelli che ad esse si affiancherebbero in caso di sbarco, ritenuto imminente.

In questo orientamento e nella situazione delle forze italiane già minutamente descritta, in cui esse erano alla mercé di quelle tedesche, per la soggezione operativa e per le reciproche interferenze che consentivano alle seconde di colpire a ragion veduta e con logica progressione di tempi in tutti i punti deboli e vitali delle prime, giunse il “promemoria N/o 2”.

Questo documento, rimesso al Comandante d’A. alle ore 23 del 7/IX/43 non era chiarissimo, contenendo anche varie contraddittorie disposizioni. Con laboriosa esegesi, alla luce di chiarimenti verbali emananti dalle supreme Autorità centrali militari, si doveva dedurre:

  • gli Inglesi non sarebbero sbarcati (*);

_______________________________________

* Questa che era allora soltanto una logica deduzione è oggi una certezza, in quanto il 31 agosto il gen. Smith aveva dichiarato a Castellano che “il loro obiettivo sarà l’Italia settentrionale e non i Balcani”. Analoga dichiarazione è contenuta nel codicillo al verbale di detto giorno (Cfr. Castellano – “Come firmai l’armistizio di Cassibile” – Ed. Mondadori pag. 140).

  • la 9/a armata abbandonava Valona;
  • si rinunciava ad appoggiarsi ai Greci, quindi nessun aiuto possibile da nessuna parte (sui Greci poi non si poteva, anche obbiettivamente, fare alcun serio affidamento, sia per i loro sentimenti ostili, sia per la scarsa loro consistenza organica e logistica);
  • mediante accordi, anche spregiudicatissimi e almeno apparentemente criminosi, si doveva scongiurare la prevedibile aggressione tedesca per evitarne le disastrose conseguenze. Accordi e compromessi erano adombrati anche nella direttiva per gli Enti viciniori; quindi clima generale di accordi, nei quali i nostri parziali potessero inserirsi, altrimenti non avrebbero potuto mantenersi;
  • se ogni trattativa si fosse dimostrata vana, sacrificarsi;
  • nessun accenno ad un eventuale rovesciamento di fronte in Italia; quindi, sacrificio extrema ratio. Fino che possibile cercare di salvare il salvabile.

Si aggiunga che il documento, nella sua premessa, non accennava affatto ad un armistizio già firmato (com’era da ben 4 giorni nella realtà dei fatti) ma parlava della “possibilità” di una tale evenienza.

Prospettive conseguenti a situazione ed orientamenti superiori

 A seguito  di questi orientamenti e sulla base della situazione più avanti descritta, si presentavano al Comandante d’A. due prospettive, valevoli: sia nel caso di possibile conclusione di accordi, come da direttiva preferenziale indicata nel “promemoria”; sia pel caso di aggressione tedesca che si fosse pronunciata all’infuori, o a malgrado, degli approcci suggeriti nel promemoria stesso.

  1. o il Comando Supremo era ancora in grado di ritardare convenientemente la conclusione dell’armistizio. In tal caso il Comandante d’A. si proponeva di sviluppare il concetto dell’alleggerimento dell’occupazione in Grecia (da lasciarsi alle più mobili e potenti Unità germaniche dietro un leggero velo di osservazione, arretrando le Unità italiane su una linea approssimativa Pindo-Olimpo) già adombrato ai Tedeschi in relazione alla nuova situazione delineatasi per Corfù (cfr. pag. 2 – 4/o capoverso),[38] e quindi verosimilmente senza destar sospetti, per realizzare la riunione di quanto più possibile delle forze italiane nella Grecia settentrionale e dare possibilmente la mano all’Albania;
  2. o non era possibile ottenere una così lunga dilazione. Ed allora non c’era altro da fare (e frattanto predisporre), che:
  • ad oriente, accelerare al massimo il trasporto in Albania del III C.A. (di cui finalmente si intuiva lo scopo);
  • ad occidente cercare di crearsi forti caposaldi (pegni in caso di accordi) nelle Isole Jonie e forse nella penisola di Navarrino, suscettibili di trasformarsi in centri di raccolta per le truppe italiane viciniori.

In conseguenza il Comandante  d’A.:

  • compilò personalmente d’urgenza una lettera per prospettare al Comando Supremo e caldeggiare la soluzione a);
  • in relazione a b), stabilì di approfittare del viaggio in Agrinion già in progetto (cfr. nota a pag. 3),[39] e quindi senza pericolo di eccitare la diffidenza tedesca, in relazione al ritorno da Roma del Capo di S.M., per impartire colà – nelle stesse condizioni di sicurezza – le opportune disposizioni, che frattanto sarebbero state elaborate, ai Comandanti dei CC. AA. VIII e XXVI ed ai Comandanti delle divisioni del Peloponneso (a quello della Cagliari pel tramite del divisionario della Piemonte, da convocarsi a Missolungi prendendo occasione dalla visita al comando della Casale), e prender con essi accordi verbali (secondo prescritto) circa le modalità esecutive.

L’inopinato annuncio dell’armistizio a sera dell’8 settembre (cioè a poche ore dalla ricezione del “promemoria N. 2”) impedì materialmente la messa in atto di ogni intento volto a modificare comunque la situazione.

Non rimase che seguire la via degli accordi, sulla base della formula suggerita dal Comando Supremo, con le vicende riportate nella Relazione.

___________________________

[1]C. A. = Corpo d’Armata

[2]G. U. = Grande Unità

[3]r. = Reggimento

[4]Ftr. = Fanteria

[5]btr. = batteria

[6]div. = Divisione

[7]gr. CC. NN. = gruppo Camicie Nere

[8]btg. fort. = Battaglione da fortezza

[9]c.a. = contraerea

[10]div. cr. = Divisione corazzata

[11]Ci si riferisce alla frase: ” Caduta Creta, il maggior pericolo si sarebbe spostato verso l’Argolide e l’Attica.”

[12]Lanc. = Lancieri

[13]Bers. = Bersaglieri

[14]Gran. = Granatieri

[15]av. = aviazione

[16]L’amb. Pellegrino Ghigi

[17]Il gen. Cesare Gandini

[18]Il gen. Vecchiarelli, che in questa relazione parla di sé in terza persona.

[19]Le unità Brandenburg erano dei corpi speciali tedeschi, formati da volontari, specializzati in azioni di commando (sabotaggi e operazioni dietro le linee nemiche). Le SS (Schutzstaffeln,  squadre di protezione), originariamente nate come guardia personale di Hitler, erano il corpo più efficiente e temuto delle forze armate tedesche. Sulla loro base vennero costituite, all’interno della Wehrmacht, le Waffen-SS (SS combattenti),  che permettevano anche l’arruolamento di volontari di etnia non germanica (e ad esse si fa qui riferimento).

[20]Unfoc. = unità di fuoco – Unità di misura per il munizionamento definita per ciascuna arma o tipo di arma. E’ termine convenzionale usato nei calcoli relativi alla consistenza dei magazzini e depositi munizioni e negli ordini per la costituzione di eventuali scorte in previsione di azioni

[21]Napoleon Zervas era un generale passato, dopo l’occupazione italotedesca,  a capo di una delle organizzazioni della resistenza greca (EDES)

[22]Zona montuosa della Grecia centrale

[23]Tale passo era posto sulla strada che attraversava la Grecia centrale, da Salonicco alla costa jonica.

[24]Damaskinos Papandreou (1891 – 1949) fu arcivescovo di Atene dal 1941 sino alla morte, e con la cacciata delle forze tedesche nel 1944 divenne anche Reggente di Grecia, sino al ritorno della monarchia di re Giorgio II nel 1946.

[25]A-J = AlpenJäger, Cacciatori delle Alpi (gli Alpini tedeschi)

[26]Ossia di due Reggimenti ciascuna

[27]Cacc. = Cacciatori (Gebirgsjäger), altro Corpo da montagna

[28]Ossia di tre Reggimenti

[29]Ci si riferisce al paragrafo: “Progettato trasferimento del III C.A. – Ulteriore affluenza di formazioni tedesche.”

[30]Ci si riferisce al precedente testo: “Ma poiché per il sopravvenire dell’armistizio, il movimento del III C.A. finì col non avere attuazione, il solo pratico risultato del predisposto scambio di G.U. fu l’affluenza, iniziatasi negli ultimi giorni d’agosto, di formazioni speciali motocorazzate tedesche (complessivamente 5 regg/ti  “Brandeburgo” e “SS” non dipendenti dall’armata e quindi meno facilmente controllabili, che iniziarono senz’altro una intensa attività antiribelli, spingendosi ai primi di settembre fino ai margini dell’Attica. “

[31]Il riferimento è alle due alternative citate all’inizio del paragrafo “LA SITUAZIONE DELL’ARMATA IN CONSEGUENZA DELL’IMPROVVISO ARMISTIZIO”

[32]Stato Maggiore Regio Esercito

[33]Il riferimento è, ovviamente, al Promemoria N. 2.

[34]Ci si riferisce al paragrafo “Progettato trasferimento del III C.A. – Ulteriore affluenza di formazioni tedesche.”

[35]Il gen. Gandini.

[36] Ci si riferisce al capoverso iniziante con “Il Comandante d’armata – non vedendo di buon occhio interferenze di poteri in Tessaglia-Beozia-Eubea, ….”, al termine del paragrafo di cui alla nota [34]

[37]Gli angloamericani

[38] Ci si riferisce al testo posto all’inizio del paragrafo “Compiti operativi delle G.U.”

[39]Vedi nota originale “* Quest’ultima – arrivata nella seconda metà di agosto….” nel medesimo paragrafo.